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L'Olimpiade

dramma per musica in tre atti di Antonio Vivaldi

L'Olimpiade, dramma per musica in tre atti di Antonio Vivaldi su libretto di Pietro Metastasio
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro Sant'Angelo, 17 febbraio 1734

Personaggi: Clistene, re di Sicione, padre d'Aristea; Aristea, sua figlia, amante di Megacle; Argene, dama cretense in abito di pastorella, sotto nome di Licori, amante di Licida; Licida, creduto figlio del re di Creta, amante d'Aristea ed amico di Megacle; Megacle, amante d'Aristea ed amico di Licida; Aminta, aio di Licida; Alcandro, confidente di Clistene; ninfe, pastori, sacerdoti, popolo, seguito di Clistene e Aristea, guardie


L'argomento esposto da Pietro Metastasio:

"Nacquero a Clistene, re di Sicione, due figliuoli gemelli, Filinto ed Aristea: ma, avvertito dall'oracolo di Delfo del pericolo ch'ei correrebbe d'essere ucciso dal proprio figlio, per consiglio del medesimo oracolo, fece esporre il primo e conservò la seconda. Cresciuta questa in età ed in bellezza fu amata da Megacle, nobile e valoroso giovane ateniese, più volte vincitore ne' giuochi olimpici. Questi non potendo ottenerne dal padre a cui era odioso il nome ateniese, va disperato in Creta. Quivi assalito, e quasi oppresso da Masnadieri, è conservato in vita da Licida creduto figlio del re dell'isola; onde contrae tenera e indissolubile amistà col suo liberatore.

Avea Licida lungamente amata Argene, nobildama cretense, e promessale occultamente fede di sposo. Ma scoperto il suo amore, il re, risoluto di non permettere queste nozze ineguali, perseguitò di tal sorte la sventurata Argene, che si vide costretta ad abbandonare la patria e fuggirsene sconosciuta nelle campagne d'Elide, dove sotto il nome di Licori e in abito di pastorella visse nascosta a' risentimenti de' suoi congiunti e alle violenze del suo sovrano. Rimase Licida inconsolabile per la fuga della sua Argene; e dopo qualche tempo, per distrarsi dalla mestizia, risolse di portarsi in Elide e trovarsi presente alla solennità dei giochi olimpici, ch'ivi con il concorso di tutta la Grecia, dopo ogni quarto anno si ripetevano.

Andovvi lasciando Megacle in Creta e trovò che il re Clistene, eletto a presiedere a' giuochi suddetti, e perciò condottosi da Sicione in Elide, proponeva la propria figlia Aristea in premio a vincitore. La vide Licida, l'ammirò ed, obliate le sventure dei suoi primi amori, ardentemente se ne invaghì; ma disperando di poter conquistarla per non essere egli punto addestrato agli atletici esercizi, di cui dovea farsi pruova ne' detti giuochi, immaginò come supplire con l'artifizio al difetto dell'esperienza. Gli sovvenne che l'amico era stato più volte vincitore in somiglianti contese; e (nulla sapendo degli antichi amori di Megacle con Aristea) risolse di valersi di lui, facendolo combattere sotto il finto nome di Licida. Venne dunque anche Megacle in Elide, alle violenti istanze dell'amico, ma fu così tardo il suo arrivo, che già l'impaziente Licida ne disperava. Da questo punto prende il suo principio la rappresentazione del presente drammatico componimento.

Il termine o sia la principale azione di esso è il ritrovamento di quel Filinto per le minacce degli oracoli fatte esporre bambino dal proprio padre Clistene; e da questo termine insensibilmente conducono le amorose smanie di Aristea, l'eroica amicizia di Megacle, l'incostanza e furore di Licida, e la generosa pietà della fedelissima Argene."


Cfr. inoltre Dizionario dell'Opera, a cura di Piero Gelli, Milano, Baldini & Castoldi, 1996, pp. 892-894
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