Ciò che conta raccontare dopo la trasferta neonazista di Como è la cornice di quei proclami: un'Italia stremata, impoverita, dove la banalizzazione del fascismo è considerata normale.
"Il Duce fece bene, tranne le leggi razziali", disse persino Berlusconi alla Giornata della Memoria. Segno che la destra italiana non ha mai fatto i conti con il suo passato. Anzi, nel 1994, l’ex MSI di Fini fu sdoganato così com’era, con i suoi saluti romani e il suo fascismo interiore. […]
Si avvera il paradossi di Bobbio, discutere sull’equivalenza tra fascismo e comunismo ha finito per generare una insana equivalenza fra fascismo e antifascismo. Si genera così una miscela esplosiva, i cui effetti sono facili da prevedere: il fantasma del neofascismo riemergerà dal sottosuolo dove credevamo di averlo sepolto con Mussoli e Hitler nel 1945. Ecco perché fatichiamo a capire che la banalizzazione del fascismo è grave. Non si capisce che la questione non si ferma agli episodi che dividono gli italiani fra chi si indigna e chi no, bensì mettere in crisi l’atto fondativo stesso della Nazione e le regole su cui si basa la nostra convivenza.
Dopo Ostia e Como, la risposta che arriva dai leaders della destra italiana è insufficiente. Nei toni e nella sostanza. Il ‘no comment’ equivale all’indifferenza. Mai come adesso, invece, la destra ha il dovere di fare il lavoro che finora non è stato fatto: perimetrare con chiarezza il proprio confine culturale e politico. E dirci cosa vuole essere nei confronti del neofascismo italiano. Solo così potremo superare i tre modelli di destra italiana (mussoliniana, dorotea e berlusconiana) e vederne nascere una europea, che non votiamo, ma che ci fa dormire sonni tranquilli. E non risveglia l’incubo del mostro nero che torna.
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